Pioverà

«Nonna, ma tu sei stata felice?» chiedo mentre siamo sedute in giardino.

Lei rammenda dei calzini, mi spia da dietro occhiali spessi. Io dondolo le gambe nel vuoto, come se fossi su un’altalena, perché non tocco bene con i piedi per terra. Metà del tavolo è coperto da pomodorini messi a seccare. Picchia il sole, anche se siamo all’ombra di un albero curvo e stanco.

«Che domanda mi fai? La felicità è qualcosa che non si raggiunge mai una volta per tutte, ma si conquista più volte nella vita, solo che ce ne dimentichiamo. Sono stata molto felice e molto triste. Forse ora sono più amareggiata, non perché sono vecchia, ma perché il mondo di oggi mi spaventa più di quello di cinquant’anni fa. Ero convinta che tutto sarebbe migliorato, anno dopo anno, e per un po’ è stato così. Voi però siete un esercito di senza niente. Siete delusi, eppure avete più del tutto. È proprio l’insoddisfazione che vi inganna: credete che la felicità sia essere realizzati e senza pensieri, ma l’appagamento non coincide sempre con il fare ciò che si vuole nella vita. Non voglio essere banale e dirti che la felicità si trova nelle piccole cose — non è sempre così. Nessuno prova soddisfazione guardando un tramonto se tutto il resto va storto. Io sono stata felice svegliandomi ogni mattina alle cinque per lavorare, sono stata felice quando ho avuto tua madre, quando sei nata tu, di una stretta di mano, di un abbraccio, di una parola, di un complimento, di una passeggiata. Sono stata felice così tante volte da non ricordarmi neanche quante. Ho cominciato a contarle tardi, perché è così: se ci rifletti, ritrovi mille momenti sereni, ma quando li vivi scappano e sembrano non lasciare traccia, perché ti aspetti di più, pretendi di più, senza renderti conto che hai già il meglio. Dai, raccogliamo i pomodorini e rientriamo, tra poco pioverà.»

Guardo il cielo esitante, e il sole mi spacca la retina. Non capisco, ma la seguo.

Sono affacciata alla finestra mentre le prime gocce cadono su un prato ormai secco.